WHAT IS LIFE ABOUT?

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Ralph Chidiac

What is life about? Or is it “what is mind about”? Asking what is life about gives the impression “it” is a primal question, yet life has persevered for eons without the slightest inclination for such a plight. Actually, all life forms (humans excluded) have come and gone with an utter disinterest in that quandary. Therefore, the question demands a deeper investigation, and specifically maybe a different orientation. Is it the life processes (biology) that is requesting a justification, or the evolution of a human feature we identify as mind, and more specifically as consciousness?

By process of elimination and an extreme case of deductive reasoning, it seems the question is begged by one type of life and not all life. So, is it life or is it mind. So far, we can easily determine it is not life. The question should be substituted by “what is the meaning of an extensive mind?” An advanced level of consciousness that has not provided humanity – from a biological or evolutionary perspective – other advantages over longer lived species. Self-consciousness with the aid of an unlimited imagination, have contributed to the constant modification of our immediate environment since day one; corroborating a discontent with the status quo; and, in the process (especially the last few centuries), reduced the potential existence of our species as well as all life. Our species has subsisted for approximately  200,000 years (as homo-sapiens-sapiens), yet in the past few centuries have taken this planet, and its environment to the brinks of annihilation.

As much as we cannot help but ask the question (of meaning), should we trust the answer? We could ask any number of individuals the question, and we will get as many answers as there are individuals, and if the true answer would be based on commonalities we find ourselves at an impasse…. Nothing appears as common ground.

Hold on…. “Conscious preoccupation” that is, keeping consciousness busy with literally anything. Not necessarily of any importance or value, but more mundane and every day type activities. Aspirations do NOT come into play as long as there is something to do. Prehistorically it was our survival, historically: human institutions (from Government, war, religion etc.) and today, Self; Is there a meaning to life while driving the kids (arguing in the back of the car) to school/ How about trying to make a deadline or rushing to an appointment? How about while watching a movie, having sex, in the middle of a business meeting, or trying to make a living? You decide.

The question (the meaning of life) has no relevance in : All other known species. When preoccupied. When living daily activities. From one person to the next. As long as survival is on the line, the meaning of life is trivial, and as long as the consciousness is distracted, the meaning of mind is (also) irrelevant. We, therefore have to ask ourselves, the authenticity of such a question, and what would be an adequate answer. Religion was not enough, philosophy was not enough, science is not enough, 5000 years of civilization does not cut it as well.

Is there a question here, or a stack of words pretending to be one?Yet, after all this reflection, I cannot seem to comply with my train of thoughts for the illusion is so pronounced.

Blu (la notte che siam morti di peste)

Giuseppe A. Samonà

bleu[1]Scende giù in vestaglia tutta scarmigliata lungo il viale che attraversando il bosco collega la sua casa alla nostra, agita un giornale, urla : Il colèra! il colèra! Ed effettivamente la prima pagina dice che a Napoli ce ne sono tre o quattro casi, forse dieci, e le cozze, il vibrione, il panico. Ma se a Napoli è così, cosa succederà a Palermo ? (ulula lei, dilatando l’ultima parola come una terrificante voragine : Palieaimmo…) Palermo, lo sanno tutti, è una Napoli più piccola e violenta, di arcaica, perniciosa isteria, pullula di picciriddazzi polverosi, c’è la milza che puzza di sangue, ci sono i ricci che si vendono per la strada – ne abbiamo fatto una scorpacciata la sera prima, li ha portati lo zio  – e mill’altre schifezze marine, che si mangiano sempre e solo crude (la milza che puzza, picciridazzi, scorpacciate di ricci, pazzi ! pazzi ! pazzi !…). L’epidemia è certa. Hanno già bloccato le navi verso il continente, i treni, da e per, “ da ” soprattutto, e anche la nave, ché mentre stiamo parlando decine, anzi centinaia di morti si ammonticchiano nella stessa Napoli : anche se ovviamente sul giornale, che lei continua a sventolare come una prova, questo non può ancora esserci scritto. Gli altri adulti sembrano scettici : alcuni per spavalderia (il famoso zio arrivato da Palermo annuncia pomposamente che lui tornerà presto in città, perché ha voglia di molluschi vivi, di quelli che bisogna affondarci i denti per domarli, a Mondello, sul lungomare), altri per esorcizzante timore : … e comunque lavatevi le mani, bambini… E tutti più o meno bonariamente la sfottono : il giornale invita alla calma e lei, non da oggi, ha fama di essere un’esaltata – Cassandra, Cassandra… Tutti, ma non noi bambini : corriamo a lavarci le mani e poi eccoci di nuovo fuori, all’ombra del gelso, accucciati ai suoi piedi, sempre i capelli scarmigliati, lei, agitata, la vestaglia semiaperta, ad ammonticchiare morti e disastri per le vie di Napoli, anzi di Palermo, cioè Paleaimmo, scene di orrore, fiumi di fluidi e di merda, e poi orde di topi, i famosi voraci immondi topi ri Paleaimmo – il colèra ormai è peste –  carretti pieni di cadaveri, a volte ancora vivi, o agonizzanti, o sepolti lì per sbaglio, tirati da uomini bavosi, più bava che uomini, con un campanaccio, demoni ghignanti che il morbo ha risparmiato, l’apocalisse. Ipnosi del terrore, il nostro – o anche: attrazione fatata… Noi, i bambini, siamo la tribù, formiche ma volanti in sciame, rapide come la notte, ed è troppo forte quel sentimento dentro di noi, non possiamo neanche far finta che non sia così, anche se certo lo nascondiamo, per paura che ci prendan per pazzi, ci separino, e facciamo il viso spaventato, ammutolito, ad arte, solo di tanto in tanto, al momento opportuno, quando il racconto sembra sul punto di assopirsi sazio, soddisfatto, una domanda semplice, un’esca, ora l’uno, ora l’altra: ma sei sicura ?,  per riaccendere il flusso, le ondate di dolori, di merda, di morte, mentre il giallo del pomeriggio che avanza si scioglie nell’azzuro del cielo, nel verde, nel rosa, nel rosso del lontano orizzonte marino, insieme si mischiano con l’ultima luce del sole, l’affacciarsi delle prime stelle, a comporre un colore mai visto prima: blu – e una carezza tiepida, dolce ci avvolge. Nous sommes comblés.

È dunque questa la felicità ? Bambini che gridano mamma, mamma mentre il carro si allontana ? e quelli morti ? Gli adulti ? La desolazione altrui ? La disperazione ? No, certo che no, non è così – eppure  (come spiegarlo ?), la coscienza tranquilla, non sentiamo dentro di noi nessuna indignazione, nessuna colpa, ma fuori (sentiamo), sul tetto, i ghiri che passeggiano avanti e indietro. È buio ormai, le stelle il cielo il mare lontano si sono inghiottiti a vicenda, non più mare, non cielo, non stelle, ma (com’è possibile?) è rimasto quel blu, ed è solo, ed è tutto, è come un suono continuo, visibile, un’impenetrabile, avvolgente sfera, con noi dentro, è blu. Ci siamo rifugiati su in soffitta per osservarlo meglio, sdraiati, attraverso la grande finestra obliqua, la tribù è al completo, e i nostri pensieri anche corrono avanti e indietro, come all’unisono, e stentiamo ad addormentarci : sì, siamo felici. Fuori, i ghiri passeggiano avanti e indietro, li sentiamo, e anche i nostri pensieri sentiamo, bum… bum… bum…, come se tutti insieme fossimo una sola grande testa, a disegnare gli eventi straordinari che muteranno, come in un sogno, la routine della vita : partire dalla Sicilia assolata, dove viviamo tutti insieme, comunità di bambini e adulti che solo e sempre giocano fra di loro, per di nuovo separarsi, scuola, lavoro, non più tutti insieme, crescere (è questa la vita)… ecco, questo sarà, è, oramai, impossibile. Siamo assediati – e la spianata, il Castello con i suoi sentieri che ramificano per abbracciare gli altri nostri possedimenti (qui siamo solo fra di noi a correre per i sentieri, e lo spazio sembra infinito) diventa nella nostra immaginazione una terra inattaccabile, dove è sempre estate e che non conosce la malattia e la morte, né il tempo che passa. E poi, pensiamo (sempre), e le nostre mani si stringono a formare una catena umana, e quei pensieri son parole senza bisogno di essere dette, se ci attaccassero (la malattia, la morte, il tempo che passa), combatteremmo: non è forse quello che avevano fatto Aiace, Achille, le Amazzoni, le cui amate avventure si intrecciano da sempre con le nostre ? (Ci anima, va da sé, Il domator di cavalli, ma il suo nome non si può pronunciare, o scrivere: siamo Troiani…) Vivremmo, in quel caso, ma da eroi, combatteremmo insieme, il pericolo della natura ci unirebbe, fra scherzi e prodezze vivremmo – vivremmo, sì, da eroi, fra dèi e deesse, o da eroi moriremmo : e tutti intorno a chi muore per strofinarlo, blu diventa il suo corpo, colore che sfuma, e sfumando diventa blu anche chi soccorre, è un’onda blu che dolce si propaga, ora che l’altro è morto soccorrono lei, lui, e si confonde con gli altri, che galleggiano come tanti iceberg,  di nuovo tutti insieme, nel mare nostro, ed il cielo, le stelle: blu. Isolati, bloccati, attaccati, e combattiamo, il morbo, i l  n o s t r o  l u o g o, quel luogo magnifico, ma siamo caduti, la malattia, l’amore è più forte, o forse no, blu, sì, moriremmo, infine, o moriamo, stiamo morendo, le nostre mani sempre annodate in catena come in un quadro perenne,  morendo… m o r e n d o … E finalmente – ma come? ma quando? – insieme lo sciame si adagia, ci addormentiamo, il rumore dei ghiri ci culla, i pensieri diradati son diventati un unico sogno, quel senso di carezza tiepida che ci avvolge. Siamo blu.

Questo era molti anni fa – perché sì, per fortuna l’epidemia finì per esser poca cosa, anzi, non è neanche veramente iniziata, siamo tornati nel continente dopo pochi giorni, l’estate è finita, il tempo ha ricominciato a scorrere normalmente, e normali, benevoli, son tornati i colori. La tribù si è sciolta, si è dispersa nel mondo e nella vita, molti son morti veramente, anche se non di peste, nessuno comunque è più tornato al Castello. Ma (è strano?) quando mi è capitato negli anni di rincontrare qualcuno di quegli antichi eroi, che fosse dentro l’agone, a comandare uomini e cose, o ritirato a coltivare il suo orto, come per incanto, invece di indagare sui nostri rispettivi destini, subito, sempre, ci siamo ritrovati a rievocare quella notte. Come un apice d’irraggiungibile felicità. Blu.

Histoires post-industrielles

Karim Moutarrif

À l’Ouest

Nous marchions, ma fille et moi, le long d’une ancienne manufacture, au bord du fleuve, devenu canal en partie, comme toujours. Une de ces grosses bâtisses de la fin du XIXe.
Elle m’a demandé ce que c’était, je lui ai conté un brin d’histoire. Parole faisant, je me suis rendu compte que je parcourais avec elle un espace du passé. Mort pour n’avoir plus d’utilité. Un espace immense délaissé. C’était à l’Ouest.
Un espace d’une mémoire intense, j’en mettrais ma main au feu, pour faire de l’humour noir, où des milliers et des milliers de vies se sont croisés, ont cohabités, ont trimés.
Et là il ne restait plus que le hululement du vent entre les murs et le toit défoncé..

C’est vrai qu’en regardant ces vieilles bâtisses, les tripes se nouaient.
Avec mon esprit tordu, j’ai tout de suite pensé, combien d’accidents de travail, combien de morts pour que le capital scintille, comme les romains faisaient le mortier avec du sang d’esclave. Juste là, au coin du siècle passé, dans le fond, on avait continué à faire la même chose, autrement. Pendant que mes pensées morbides m’occupaient l’espace mental, de l’autre côté, loin du fleuve, la société que Rostov, qui croyait avoir tout compris – normal, il était états-unien- avait baptisé avec une prestance redoutable, la société post-industrielle, prenait toute sa vigueur. En fait, si nous étions venus visiter le cimetière aux éléphants c’était pour trouver un territoire de repli, loin du bruit continu du down town. Étrange inclination, quand le brouhaha, les projecteurs et toute l’attention matée étaient ailleurs.

Il n’y a rien de plus paisible qu’un cimetière.

Ste-Ambroise

Ce territoire aux antipodes de la productivité était un miroir. Celui des machineries qui se sont arrêtées à jamais. Celui du feu et du métal en fusion coulant comme une lave rouge attisée, impitoyable, dans les moules. Et un peuple de la nuit bigarré qui s’activait dans des conditions insoutenables, que seule la misère convainc à l’endurance. J’ai pensé à quelques images qui pouvaient illustrer ce monde où je vivais et dont j’étais témoin. Ce monde qui avait l’oubli fulgurant. Qui effaçait sa trace au fur et à mesure qu’il avançait. Quelques clins d’œil pour un univers qui n’avait plus rien à voir avec ça.

En reconstituant celles-ci j’ai obtenu ce qui suit.

Rencontres d’un nouveau type

Si je regardais les choses sous emprise, je dirais que je n’ai plus le temps. Je ne connais pas de lieux de rencontres qui soient sains. Je rentre chez moi crevé et je n’ai guère envie de faire du social quand j’ai juste besoin d’écouter mon corps. Mais ma libido me harcèle pour que je lui consacre du temps et j’essaie de le trouver. Alors en attendant de le trouver je parcours de temps en temps des annonces de rencontres. Surtout j’essaie de m’imaginer les portraits de femme sur lesquels je m’attarde. Les descriptions se font toujours en termes élogieux, maniant le verbe à vous en donner le vertige. En quelques phrases lapidaires on vous brosse un portrait. J’ai même entendu parler de compétitions où vous n’aviez que quelques minutes pour séduire votre vis-à-vis. Il fallait être un sacré virtuose et je n’avais pas l’âme adéquate. J’égrenais ces annonces entassées les unes sur les autres, se bousculant pour essayer de passer les unes avant les autres dans un embouteillage réel. Laquelle croire ?

Elle
Fascinante de beauté
D’intelligence
De sensualité
Le silence se fait
Quand elle passe

Mask

Dans nos fantasmes nous mettons des mots sur les choses, la plupart du temps sans vraiment y penser. Comme on dit être sexy sans savoir de quoi on parle. A moins qu’on ne veuille détourner l’interdit qui régit la sexualité pour dire quand même quelque chose qu’on ne peut pas nommer, sous peine de sanction. Moi qui avait passé des années à connaître juste une femme, je me demandais après la fin de cette histoire comment il serait possible de comprendre quelqu’un, d’un simple coup d’œil, en quelques mots de description. Et si le silence se fait sur son passage c’est parce que les femmes sont des proies. Quand on n’est pas chasseur, on est excommunié, dans une bataille où chacun veut devenir le chef de la meute et les avoir juste pour lui. On pouvait ne pas adhérer. La fin du deuxième millénaire et le début du troisième n’avaient rien changé à cela pour moi qu’ avait du mal à communiquer juste avec une personne à la fois.

Sylvie cherche
Un homme à sa mesure.

Comme vous vous feriez tailler un costume sur vos proportions. Sylvie cherche un homme à son niveau de supériorité sociale, sans le dire vraiment. Si l’on fouille un peu, la modestie n’est pas toujours le fort des chasseurs d’ « amour ». Qu’est ce que l’amour, celui du christ, des ébats sexuels où un sentiment indéfinissable et très prenant qui rend deux êtres dépendants l’un de l’autre. Ou peut-être juste l’un des deux. Un dominant et un dominé comme dirait Fassbinder.
Mais en même temps il faut que je me projette comme un homme décrit par une annonce en lisant les portraits que les hommes se font d’eux-mêmes. Tenter d’y trouver ma place tant bien que mal.

Lui
Il a trente ans
Il réalise le tour de force
D’être beau
Grand
Intelligent
Cultivé
…Et charmant
Il a
En dehors
De ses qualités professionnelles
Vingt-deux mille francs
Un humour savoureux
Et de nombreux centres
D’intérêt

Il a une voiture de sport d’un modèle historique, il est toujours bien habillé. Cravaté car il navigue dans le monde des affaires. Pour ma part, ce conformisme de la tenue m’écrasait.
C’est un macho qui se déguise en séducteur. De séducteur en prédateur. Il accumule un tableau de chasse. Comment ce la se gère t’il sur toute une vie.
Je le connais. Je les connais. Nous allons vers des relations de plus en plus plastifiées.
Beau, grand, intelligent, il fait partie d’une élite choisie par le destin pour être un modèle de masculinité. A côté de lui, je ne suis qu’un nabot, disqualifié d’office. Je ne suis pas ce qu’on pourrait appeler beau. Quand je me regarde dans une glace ce n’est pas ce qui m’est renvoyé. Je ne suis pas grand, plutôt dans la moyenne discrète et je ne fais pas de body building. Je n’arrive certainement pas dans le peloton de tête.

Il ou elle adorent
La forte personnalité
Recevoir des amis
Et partager avec eux
Des moments chaleureux

Des moments où on se montre socialement. Des moments où l’on montre ce que l’on veut. Comment on voudrait être vu sans accéder à la face cachée de la lune que l’on a du mal à regarder. L’image fugace et factice sans jamais parler vrai. La vie comme un show, tout dans l’apparence. Mon vieux grigou de grand-père, qui en a collectionné des blondes, c’était dans les mœurs, disait « Ô toi le décoré de l’extérieur, comment vas-tu à l’intérieur ». Quant à ma personnalité, j’étais plutôt du genre à raser les murs en évitant les grands débats. Je n’ai pas beaucoup d’amis mais je partage quand même avec eu des moments chaleureux sans faire de bruit.

Vous possédez
Classe
Education
Et vous êtes décidés
A réussir votre vie
Dans tous les domaines
Vous seul(e) manquez.
A son bonheur

La classe et l’éducation, on y croit à vingt ans, quelques années plus tard c’est déjà du mensonge. Avec les années la scoliose ressort et on ne la cache plus, elle fait partie du portrait. Les prolétaires n’ont aucune chance, ce qui laisse la place aux autres. Ceux qui à force d’entraînement l’on acquise à l’arraché. Je n’avais pas le pouvoir du rouleau aplatisseur et je ne pouvais m’étendre sur plus que quelques domaines de la vie. Mon amplitude était ainsi très limitée. Je ne pouvais pas prétendre au challenge et je ne comprenais pas ce que voulais dire réussir sa vie, puisqu’elle n’avait rien d’un examen. Je la voyais plus comme un parcours d’obstacle et il n’était pas évident de pouvoir tous les éviter. Sans parler de décider, avions vraiment la maîtrise des décisions que nous prenions, j’étais plus calculateur, je procédais comme d’antan les oracles. Je me disais ni oui ni non, j’attendais le vent favorable et parfois la mer était d’huile. Je serais plus du genre à faire les courses solitaires autour du monde dans l’océan de ma tête.

Elle
Très belle
Brune
Elégante
Et raffinée
Laborantine
La blondeur des blés mûrs
Un regard bleu de mer

La poésie est difficile à gérer tous les jours et l’inspiration peu propice à la traque. Elle était plutôt fluide, difficile à piéger. Pour ce qui est des blés mûrs je ne les voyais qu’à une période de l’année. Quelquefois la sécheresse les brûlait dès le mois d’avril, sur les terres arides. Avec le temps elle se fanait. Dans un regard bleu de mer je me perdais comme dans un océan, il ne m’en fallait pas beaucoup. Mais une fois perdu, cela prenait du temps pour me retrouver. Le raffinement coûtait de l’argent et les milliards de pauvres de la planète passaient à côté sans le voir. Toute une vie.

Lui
Directeur de société
Grand
Bel homme
Trente huit ans
A l’excellente présentation
Classique
Plein d’énergie
D’humour
De punch
La routine n’est pas faite pour lui.

Il faut avoir l’air d’un pistolero, capable de dégainer plus vite que son ombre. Les femmes aiment ça, paraît il. Mais tous les hommes n’étaient pas des guerriers. J’étais plutôt du côté de l’intendance prenant un réel plaisir à faire la cuisine comme on compose des morceaux de musique. J’étais au pire aller un homme de troupes, un fantassin à qui la direction des choses échappait totalement. Mon énergie était fluctuante comme le climat et je faisais de l’humour noir quand j’étais en forme. La routine plus forte que moi, m’emportait et j’attendais toujours la sortie de l’œil du cyclone.

Il et elle voudraient
Créer un foyer
Chaleureux
Et accueillant
Où chacun trouve
Sa place
Et son sens

Mais en fait, une fois les masques abattus, ne seraient ils pas en quête de tendresse ? Nous étions tous des cro-magnons dissimulés, à la recherche du feu, pour lutter contre le froid de l’hiver et de l’humanité contradictoire. A la recherche de bras pour nous enlacer, de corps pour se réchauffer.

Lui
Intelligent
Cultivé
Que tout intéresse
Elle
Blonde
Aux yeux pétillants
Te dit à demain

Vu sous cet angle, c’est un couple prometteur qui se profile, entre intentions et réalité. Je ne dirais pas à demain à n’importe qui, après juste un clin d’œil, de peur de brûler dans les étincelles d’un regard.

Cher correspondant
Si tu réponds
Nous pouvons
Ensemble
Fonder un foyer harmonieux
Méthode efficace

La vie est une longue partie de poker, en répondant je pourrais perdre. J’aurais trop peur de la prétendue efficacité qui semble de plus en plus balayer nos existences. Je rêvais de rencontres simples, celles de la vie de tous les jours. Mais finalement, nos existences glissaient les unes à côté des autres, visqueuses, insaisissables. Incroyablement muettes.
La multitude accentuait la solitude puisque nous n’avions plus le temps de nous arrêter devant le nombre.

Il connaît
L’art de rester lui-même
En toute circonstance
Et apprécie
Par-dessus tout
Le naturel
L’humour
La simplicité
Vos enfants seront les bienvenus

Il faut aussi parfois passer par les arts martiaux pour jouer, alors que le mensonge faisait partie intégrante de nos vies. Quand on répond ça va alors que ça ne va pas du tout, qu’on ne dit pas tout de peur de heurter, pour éviter le conflit, pour paraître gentil. Quand tu me dis que je suis beau alors que tu ne le penses pas une seule seconde. Et si les enfants ne m’aiment pas qu’adviendra t’il de notre association.

Bon à découper
Et à retourner au correspondant
Je vous aime numéro 97102
C’est ouvert tous les jours
De dix heures à dix neuf heures
Plus jamais seul(e)
Dès ce soir
D’autres ont réussi
Pourquoi pas vous

Là je voyais des colis avec des étiquettes d’expédition et la journée continue, la semaine sans fin, pour traiter mon cas comme dans une chaîne et comme au loto une probabilité de plus en plus aléatoire. Au même moment les humains étaient devenus ressources et la solitude un marché planétaire où vendre des antidotes. Comme toutes ces crèmes qui vous rendront votre peau d’hier quand le corps est une machine qui s’use. Comme ces docs qui parcouraient le Nouveau Monde avec des philtres et autres potions et qu’on ne voyait qu’une fois. Après avoir arnaqué le chaland, ils disparaissaient à jamais. La terre était vaste et jonchée de crédules prêts à croire au miracle.

Solitaires
Qui cherchent
L’âme sœur
Ayez le réflexe
Anti solitude
Pour réchauffer votre cœur
Cet hiver du troisième millénaire
Qui cherchez vous

Il n’y avait plus de fêtes de village, plus de village, que des images. La solitude était devenue un mal répandu, plus efficace que le sida. Un mal incurable pour lequel on passait des médecins aux marabouts puis aux rebouteux et enfin aux sorciers. Je cherche quelqu’un, je ne sais pas qui, peut-être pas une bouillotte pour mon coeur. L’hiver viendra me voler une autre année de mon existence, me soumettre à ses exigences.

Belle comme le jour
Et pourtant simple et sans prétention
Ou
Fabien huit ans
Et son père trente septembre
Rech.
Gent.
Et douce maman
Goûts simples
Souriante
Pour repartir…

Sérieusement.

* * *