Lamberto Tassinari
Come in natura, a rilievi presso specchi d’acqua corrispondono, sui fondali, depressioni di identiche dimensioni, così in Italia all’altezza di certi intelletti e sensibilità corrispondono abissi di collettiva trivialità e leggerezza. Il fenomeno è universale ma si tratta, appunto, di cogliere la specificità italiana. Io mi ci sono allenato vivendo fuori d’Italia già dai primissimi mesi del mio volontario esilio. Allora, per questi miei esercizi usavo quasi esclusivamente il quotidiano la Repubblica che già nei primi anni Ottanta aveva cominciato a derapare verso un crescente stile moderno, americaneggiante alla USA Today e sensazionalista ispirato alla “cultura” che proprio in quegli anni Silvio Berlusconi stava diffondendo con le sue televisioni. Così poco a poco Repubblica si preparava a diventare il giornale televisivo, pubblicitario, ambiguo, schizofrenico e schizogeno che è divenuto poi negli anni Novanta, l’organo di una sinistra falsa ( la sola), di tutta quella vaga borghesia italiana che amava e ama credersi progressista e all’opposizione quando in realtà è la più ignava e viziata compagine sociale al mondo. Il caso di Repubblica è emblematico, poichè sembrava, agli inizi, un prodotto sano, un medium laico, con idee sociali moderate ma lucide, progressiste come si diceva, con intenzioni e scelte programmatiche serie in politica e in cultura. Alla guida del giornale troneggiava quel fenomeno tipicamente italiano di intellettuale cinico di sinistra, un vero barone, caimano quasi del nostro giornalismo che ancor oggi è Eugenio Scalfari. Di Repubblica degli inizi non si sospettava la vocazione trasformista e consumistico-populista che con gli anni ha preso il sopravvento senza eliminare appunto, e questo alibi è un aspetto della specifità italiana, una venatura di cultura alta e de gauche, ma fondendola in un ibrido malinconico di vuoto e volgarità. Preceduta su questa via infelice dal settimanale L’Espresso, Repubblica è diventata, ai miei occhi, più che lo specchio della degenerazione della società italiana in questi ultimi trent’anni. I suoi giornalisti e lettori si sono illusi per due decenni di rappresentare un antidoto al berlusconismo, in verità sono stati un elemento complementare di quella cultura, una sua variante di facciata. “Attaccando” Berlusconi come il Cavaliere, Silvio, il Berlusca o il premier, la Repubblica ha finto la critica, in realtà accompagnandolo nella sua disastrosa marcia trionfale. Oggi gli stessi fatui giornalisti commentano il trionfo della rivolta di Beppe Grillo – massima espressione di ciò di cui sono capaci la sinistra e la democrazia in Italia – chiamando “grillino” e “grillina” i neodeputati del Movimento 5stelle. La Repubblica ha depresso invece che innalzare il già basso livello culturale e morale degli italiani. Ovviamente non ha agito da sola, tutto e tutti hanno lasciato scivolare questa società verso il profondo degrado attuale.
Solo singoli hanno profetizzato, parlato, e a volte anche agito, ma invano.