Lamberto Tassinari
Verso metà agosto del 2018, all’imbrunire, da una delle feritoie, prese d’aria che si trovano alla base delle due finestre del salotto, è entrato un pipistrello.
Si è infilato così, nessuno l’ha visto, in un’apertura alta circa 4 e larga circa 32 centimetri, la cruna di un ago. Di pipistrelli a Montreal e in particolare in questo quartiere non se ne vedono, forse un paio in trentadue anni ma allora sul canale di Lachine, a mezzo chilometro da casa nostra.
Non era della specie comune in Italia, piccoli con battito d’ali intenso, ma almeno il doppio di corpo e d’apertura alare. Volava sulla lunghezza del salotto da una parete all’altra ma non in modo particolarmente agitato, virando perfettamente ad ogni avvicinamento alle pareti di fondo come in piscina. Non l’abbiamo mai visto sbattere, non ha colpito nessun oggetto, nemmeno il candeliere sopra la grande tavola. Né si è impigliato nei due arazzi di lino che coprono un’intera parete del salotto. Dopo dieci minuti di sue armoniche evoluzioni io sono riuscito a improvvisare una specie di retino usando un bastone da sci e un copricapo velato per le black flies. A questo punto Patricia ha avuto l’ idea di aprire la porta del salotto che si trova accanto all’entrata: allora l’ho spinto verso le due porte aperte e ci è sembrato che volasse via. Mi sono girato verso Patricia e Timothy per celebrare la liberazione e allora ho visto che invece il pipistrello stava aggrappato allo zainetto di Tim a terra vicino alla porta d’ingresso. Con il rudimentale retino l’ho raccolto e portato fuori di casa ma non l’ho visto partire. Lì si è dissolto nella sera.